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Alfabeto ceramico

Aggiornamento: 18 giu 2020


Vorrei raccontare cosa sono per me queste parole della ceramica: un mondo di prove, sensazioni, sogni, esperimenti andati a buon fine e strade intraprese ma poi abbandonate. In ordine sparso proverò a spiegare, cominciando proprio dalla A di Argilla, il vero inizio di tutta l’avventura.

A - argilla. /ar·gìl·la/. sostantivo femminile . Parto dalla A come Argilla per inaugurare questo vocabolario ceramico un pò fuori dagli schemi. E’ inutile che racconti cos’è tecnicamente l’argilla, ci sono un mondo di risorse dove trovare tutto quello che serve sapere. . L’argilla è a tutti gli effetti una famiglia, sono delle sorelle e dei fratelli, tutti simili fra loro, ma nello stesso tempo anche molto differenti. Una famiglia di materia viva, con anime chiare e scure, profumi, fibre e colori, caratteri più mansueti e plastici e altri più rigidi e intransigenti. Per conoscerli, questi fratelli e sorelle devi tenerli tra le mani, provare a lavorarli fino a stressarli, poveretti, fino a capire quando cederanno. Perché devi imparare a fermarti prima, altrimenti tutto il tuo lavoro sarà da buttare via. Tanti esperimenti su argille diverse per capire quale è quella che meglio funziona per i tuoi progetti, grandi litigate con queste sorelle, che fanno sempre di testa loro e per andarci d'accordo devi fare proprio come dicono loro. E quando hai capito come lavorarli, quale fratello o sorella ha il carattere giusto per quello che ti serve, devi anche imparare a seguirli mentre asciugano, interpretare i segnali che loro, dalla loro, cercano di darti. Alla fine si sacrificano per trasformarsi, attraverso la cottura in un’altra cosa, in ceramica, in un materiale inerte, non è romantica questa visione? Perché se l’argilla non la metti nel forno e la cuoci, lei resta sempre viva, anche se asciutta, la puoi ravvivare, la puoi mescolare con i suoi simili, puoi ottenere altre forme altri colori, ma è il forno che blocca, immobilizza nella forma che ha preso asciugando, la “impietrisce”. Questa per me è l’argilla, la protagonista di un mondo affascinante e misterioso, un mondo che parte dalla Terra per tornare alla Terra, che non toglie e non aggiunge se non forma e contenuto.

A - lettera in ceramica - la trovi qui

B - biscotto /bi-scòt-to/ aggettivo e sostantivo maschile La parola biscotto evoca subito quel buon profumo che si spande in tutta la casa quando, nel forno, la pasta frolla si avvicina al perfetto punto di cottura. Per la ceramica purtroppo non è proprio così e quando la cottura del biscotto ceramico arriva al termine non c’è nessun profumo evocativo in laboratorio, anzi, è meglio avere il forno collegato ad un camino e buttare fuori tutti i gas nocivi che questa cottura sprigiona. Questa è la trasformazione, la magia che toglie dall’argilla l’ultima acqua interstiziale (dicesi zeolitica) e trasforma le minuscole lastrine di argilla che compongono l’impasto in una sorta di intricato corpo cristallizzato. Dopo la cottura la forma è definita per sempre, nessun ripensamento, nessuna possibilità di raddrizzare, storcere, allungare, piegare, come se la Medusa avesse fissato gli occhi in quelli dell’argilla e l’avesse pietrificata per sempre. Corpo pietrificato ma ancora poroso e non ancora di “quasi” nessuna utilità, a meno che lo scopo finale non sia proprio quello della porosità, come per i vasi dei gerani da mettere sul balcone, o per i cotti usati in edilizia che devono poter ancora assorbire e rilasciare umidità o altri liquidi, per esempio la cera dei pavimenti. Il biscotto in ceramica è per la maggior parte dei casi, solo un passaggio, un predisporre l’oggetto ad una porosità in grado di assorbire l’acqua della preparazione degli smalti che dopo un’ulteriore cottura diventeranno impermeabili ai liquidi. Il biscotto ceramico non è profumato o evocativo come un frollino, ma è tosto e sonante, finalmente ceramica!

B - lettera in ceramica - la trovi qui

C - centro /cèn-tro/ sostantivo maschile . Per chi lavora la ceramica al tornio il centro, la centratura è un dogma. Quando la ruota gira c’è da mettere a fuoco solo un punto: il centro. . Tutto quello che c’è attorno scompare, il laboratorio, i suoni, i problemi quotidiani, le bollette da pagare, il sole che splende, l’universo intero svanisce. Tutto è concentrato, assorbito, risucchiato in quell’unico punto al centro della ruota che rimane fisso e congelato mentre tutto gli gira intorno inconsapevole. Sì, perché la sfida è predisporre la massa d’argilla proprio attorno a quella retta che si infila in verticale dentro a quel punto. . Sembra una cosa difficilissima e in effetti lo è. All’inizio lo è. Quando si imparala tecnica quello è LO scoglio che sembra insormontabile. Però poi avviene una magia. Come se la tecnica improvvisamente ti entrasse nelle mani e di colpo le sentissi ferme e fisse su quella massa che prima ti si muoveva fra le dita, come viva, in tutte le direzioni mentre adesso inizia a girare ordinata e composta. Finalmente domata. Ed è da lì che si deve passare. La centratura è una porta che ti da’ accesso a tutte le forme con tutte le quantità di argilla possibile. Bisogna solo trovare la chiave per riportare al centro.


C - lettera in ceramica - la trovi qui

D - decorazione /de-co-ra-zió-ne/ sostantivo femminile Decorare vuol dire aggiungere elementi di abbellimento non necessari alla funzione. Quindi un oggetto al quale si lascia solo la sua funzione non è decorato? Quale relazione intercorre tra funzione e decorazione? Sono così completamente scollegati? . Penso che non sia proprio così. Per esempio una tazza per svolgere la sua funzione di contenitore deve per forza essere una forma che per essenziale che sia conserva in sè una sua valenza estetica. Se si toglie il manico rimane una tazza, se si toglie il colore è sempre tazza, si può togliere la particolarità o ricercatezza del profilo ma per essere contenitore, un profilo è necessario. Quindi la funzione stessa di un oggetto continua ad essere decorazione, anche se si ricerca l’essenziale. Se si fa il percorso al contrario si può aggiungere un profilo ricercato, un manico lavorato in un certo modo, uno smalto con determinati effetti, l’applicazione di particolari tridimensionali per aggiungere significati o contenuti. . Questi passaggi in aggiunta pongono in sè la questione del quando fermarsi, di quando giunge il momento in cui un oggetto può ritenersi finito, quando gli elementi decorativi sono in equilibrio fra loro e con la funzione stessa dell’oggetto. Aggiungere o togliere? L’essenziale o la decorazione? Da che parte bisogna andare? Qual è la giusta strada o il giusto compromesso?

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E - errore /er·ró·re/ sostantivo maschile La parola “errore” naturalmente non è solo legata al mondo della ceramica ma ne è connessa più di quanto ci si possa immaginare. Come in tutti i mestieri l’errore fa parte del processo di apprendimento, creativo e produttivo. In una scienza esatta l’errore è un vizio, una svista o un’errata interpretazione del problema, ma in ceramica, come forse in molti lavori artigianali l’errore è una cosa molto diversa. Porta sicuramente a una forma di frustrazione, ma nello stesso tempo è anche un forte veicolo di cambiamento, di scoperta e di apprendimento. Poi non è che chi sbaglia di più impara di più, ma sicuramente una serie ragionevole di errori può portare a una consapevolezza maggiore di un dato problema e del come risolverlo. Nel cammino che porta l’argilla a diventare un pezzo finito ci sono tantissime variabili che possiamo controllare: il tipo di impasto, l’essiccatura, la forma, lo smalto, le cotture, ecc... Esse però, e soprattutto la loro combinazione, portano tantissime insidie che leggeremo come errori. A volte questi errori sono difficilmente prevedibili anche se si conoscono bene le variabili in gioco. Spesso basta uno spessore più alto, una temperatura di qualche grado differente, una sovrapposizione di smalti, e tanto altro ancora per produrre un disastro. .

Dai disastri però vengono fuori delle importanti lezioni, certo, bisogna indagare per bene che cosa è successo, cosa ha provocato quel tipo di risultato, ma molto spesso, questo percorso accidentato porta a una conoscenza più profonda e, a volte, anche alla nascita di un nuovo percorso. L’importante è non chiudere gli occhi ma cercare di capire esattamente che cosa è successo per non dover più ripetere lo stesso errore o per poterlo ripetere scientemente. Qual è il tuo rapporto con gli errori? Dai disastri è capitato di intraprendere nuovi percorsi creativi o erano proprio solo quello che sembravano? . Mi piacerebbe sapere le tue esperienze, è un argomento che mi affascina molto.

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F - forma /fór·ma/ sostantivo femminile La forma solitamente è tenuta separata dalla sostanza. Si dice “dare forma”, “mettere in forma”, “essere in forma” indicando la forma come connotazione di una materia che ne è contenuta o modellata, la “sostanza” che in qualche modo ha una importanza maggiore, porta l’accento. Ma nel mondo della ceramica non è così, anzi, probabilmente è proprio il contrario. Perché è la “forma” che dà significato alla sostanza, per un ceramista è il contenitore e non il contenuto ad essere importante, a essere significativo a prescindere dal contenuto. Per esempio la tazza può servire per contenere il migliore tè del mondo o un decotto di erba, in generale chi fa la tazza non se ne cura più di tanto, o meglio, non è la sua prima preoccupazione. Sarà il cuoco a riempire il piatto. Ma la tazza! La tazza, con la sua forma, che è composta dal suo profilo, dalla capacità, dalla decorazione, dal manico, da tutto ciò che le da’ proprio la forma. E infatti si dice formare, modellare, dare forma quando si lavora l’argilla. Strano mondo quello della ceramica dove gli accenti sembrano essere messi al contrario.


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G - gres /grès/ sostantivo maschile

Gres in italiano e francese, Stoneware in tutto il resto del mondo. La parola “grès” si associa quasi sempre alle piastrelle, ai bagni e adesso, dopo una nota pubblicità anche a un gatto rosso che si struscia sul pavimento e fa le fusa. Bellissimo il gatto che ben rappresenta il confort di questo materiale. Sì, perché il grès è un materiale ceramico di pasta compatta e impermeabile, resistente all’usura e praticamente inattaccabile dagli agenti chimici. È ottenuto per cottura fino alla vetrificazione dell’impasto di argille plastiche refrattarie. Il gres viene spesso usato nella fabbricazione di recipienti destinati ai contenere prodotti alimentari proprio perché molto igienico. A differenza della ceramica come la maiolica esso non è poroso quindi anche se presenta una superficie smaltata cavillata, il suo corpo non assorbe liquidi che possono poi decomporsi ed essere nocivi. Il grès inoltre presenta la caratteristica di essere molto resistente e plastico e quindi può essere lavorato, come per la porcellana, anche sfidando spessori molto sottili. Deve essere cotto ad una temperatura elevata, almeno 1220°C ma a differenza della maiolica che necessita del passaggio della cottura biscotto, può essere prodotto in monocottura, diminuendo così il costo finale di produzione. Il motivo di ciò è una questione tecnica legata all’espulsione dei gas nocivi durante la cottura e al punto di vetrificazione dello smalto, ma non sto qui a entrare nel dettaglio. Uso questo materiale per tutte queste caratteristiche e per quella sua aria un pò da straniera che questa ceramica porta con se.

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H - high

tech locuzione La ceramica è legata indissolubilmente alla nostra tradizione, quando sentiamo questa parola ci vengono subito in mente maioliche colorate o porcellane finemente cesellate eppure è uno dei materiali più studiati e utilizzati per costruire impianti e attrezzature high tech e quindi dovrebbero venirci in mente astronavi e satelliti spaziali o minuscole protesi inserite nel nostro corpo. Questo perché alcuni tipi di ceramica sono refrattari alle alte temperature, difficilmente intaccabili da acidi e gas e hanno superfici resistenti alla pressione e all’usura. Queste ceramiche contengono alte percentuali di silice e caolino (la silice ha un punto di fusione di 1710 °C) quindi possono essere portate a temperature elevatissime, anche 1300 1400 °C senza subire danni strutturali. I materiali ceramici trovano applicazione nel campo dell'ingegneria dei materiali, ingegneria elettrica, ingegneria chimica e ingegneria meccanica. Dato che le ceramiche sono resistenti al calore, possono essere utilizzate per molti compiti ai quali i materiali come il metallo e i polimeri non sono adatti. Essi sono utilizzati in una vasta gamma di settori, compresa l'estrazione, l'industria aerospaziale, la medicina, la raffineria, l'industria alimentare, l'industria chimica, la scienza dell'imballaggio, l'elettronica, l'energia elettrica industriale e di trasmissione e la trasmissione di onde luminose guidate. Non è affascinante pensare che un materiale che arriva da tempi lontanissimi è proiettato verso il futuro?


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I - ispirazione /i-spi-ra-ziò-ne/ sostantivo femminile Se si fa un lavoro creativo può capitare di sentirsi chiedere da dove arriva l’ispirazione. Io la trovo una domanda ingenuamente sciocca. . L’ispirazione è un impulso che ti fa scegliere in modo piuttosto irrazionale o fortuito. È vero, si parla tanto di ispirazione nel campo dell’arte e della creatività: la musa ispiratrice, l’ispirazione poetica, ... . Ma l’ispirazione che è subitanea e istantanea, nasce e cresce e si alimenta del percorso di vita che abbiamo fatto. E la vita è fatta di infinite esperienze che si accumulano dentro di noi da quando nasciamo. Il ricordo che suscita un profumo, l’emozione legata a una musica, tutti i film che abbiamo visto, le persone che abbiamo incontrato, i libri letti, i nostri pensieri e le nostre scelte, e poi gli errori le crisi superate e quelle che rimangono irrisolte. . Come si fa a schematizzare da dove si trae ispirazione? Per me è una risposta impossibile da dare, posso dire cosa mi piace e cosa no, cosa preferisco fare e cosa no, ma da dove nasce un’idea... ? Non saprei proprio. Piuttosto mi chiederei quali sono le connessioni che mi hanno portato fino a lì. Quindi per oggi la lettera I è legata a una non parola che sembra non centrare nulla con la ceramica e invece ne è fortemente connessa.

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L - lentezza /len·téz·za/ sostantivo femminile In un sistema dove tutto è veloce e accelerato verso il passaggio successivo la lentezza è quasi sempre vista come accezione negativa, e tirare il freno a mano è un’operazione che sembra andare controcorrente. . Quando si lavora la ceramica però è necessario rallentare, ovvero più che altro marciare a velocità ridotta, più lenta. . Chi ha provato a non rispettare i tempi, ad accelerare prendendo delle scorciatoie racconta quasi sempre di disastri capitati prima, durante o dopo il passaggio obbligato del forno.

L’argilla non segue i nostri ritmi, è una che fa con i suoi tempi, decide lei e si può solo cercare di starle dietro e non perdere ulteriormente tempo. . Cercare di forzare l’asciugatura, accelerare il raffreddamento per aprire il forno, non lasciare riposare gli smalti per il tempo dovuto, ... il lavoro in laboratorio è fatto di un continuo aspettare il momento giusto. . Se si va un pochino oltre il lavoro pratico, nelle professioni creative, in quelle cioè dove si deve realizzare qualcosa a partire da idee, è sempre necessario un periodo di incubazione che serve per lasciar germogliare il seme creativo che darà origine a un’idea. E come ben si sa anche i semi hanno bisogno di tempo per germogliare. C’è tanto bisogno di lentezza.


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M - mano

/mà·no/sostantivo femminile.

La mano, le dita, i polpastrelli, o ancora meglio in coppia: le mani. Strumenti indispensabili per chi lavora l’argilla. Tutti gli attrezzi del mondo non possono sostituirle, è solo attraverso le mani che la lavorazione dell’argilla raggiunge l’appagamento e la soddisfazione quasi fisica.

Il senso del tatto prevarica tutti gli altri, l’impasto umido che cede sotto i polpastrelli, l’argilla liscia o ruvida che si distende nel modo giusto, la delicatezza o la forza da imprimere sulle sottili pareti: movimenti ancestrali che ci permettono di tradurre il pensiero e la visione in modellato, in tracce, solchi, graffi.

E’ attraverso le mani che riusciamo a dare un senso ai nostri pensieri.

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N - novità

/no-vi-tà/ sostantivo femminile inv. La novità è una caratteristica di ciò che si presenta per la prima volta o come differente da quanto, in un certo ambito, si è fatto o detto, visto o sentito prima. Un suo sinonimo è “originalità”. . Legati alla novità ci sono i termini: innovazione, cambiamento, mutamento. . In un’epoca in cui tutto cambia ed evolve velocemente sia nel virtuale sia nel reale a volte ci si ritrova invece a vedere veramente poche novità, o per lo meno a stupirsi davvero quando se ne vede una. Nella ceramica è difficile inventare cose nuove. Sicuramente dal punto di vista tecnico è quasi impossibile, mentre si possono trovare ceramisti/artigiani molto interessanti che si adattano ai tempi e al momento rivisitando forme e contenuti con occhio più innovativo, altri che si adattano ai tempi ricordando la tradizione. Ma la vera novità dei nostri tempi è la capacità di comunicare come “novità” ciò che, forse, non è poi così innovativo. Il modo in cui vengono passati alcuni messaggi spesso è quasi più potente di ciò che deve essere comunicato. Bisogna essere davvero bravi per comunicare come novità un elemento che al contrario è il riassunto di cose già viste, soprattutto se pensiamo che sinonimo di “novità” è “originalità”. N - lettera in ceramica - la trovi qui.

O - ossigeno /os-sì-ge-no/ sostantivo maschile La parola ossigeno mi serve per parlare di due termini molto legati ad esso e con il mondo della ceramica: Ossido e ossido riduzione. In particolare si parla di ossidi metallici riferendosi alle caratteristiche cromatiche, essi infatti servono per colorare le argille o per produrre i pigmenti e gli smalti. Mentre si parla di ossidoriduzione per riferirsi alla cottura in un forno, principalmente a gas o a legna, dove si può agire sull’ossigeno contenuto nella camera modificando quindi l’atmosfera e provocando reazioni di riduzione negli smalti e nelle argille.

In particolare è importante considerare quanto l’atomo di ossigeno sia importante, anzi fondamentale per tutta la chimica della ceramica un po' come lo è in tutta l’altra chimica. Può sembrare una cosa ovvia ma anche questo dimostra come è importantissimo sapere come funzionano le cose, quali sono i meccanismi chimico fisici che stanno alla base di ciò che facciamo per renderci conto di quanto meraviglioso sia nel piccolo e nel grande l’universo in cui viviamo.

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P - plasticità /pla·sti·ci·tà/ sostantivo femminile Conosciamo tutti la definizione di plasticità e a cosa questa parola si riferisca. Un corpo che si modella in modo plastico è una massa che riesce a deformarsi per assumere in modo permanente posizioni e forme diverse da quella iniziale. Quindi si parla di “posa” o di “forma” plastica, o anche a “materiale” plastico associando al termine, solitamente, forme sinuose, movimenti eleganti, angoli smussati, morbidezza, capacità di adattarsi all’ambiente, insomma caratteristiche positive. . In ceramica c’è naturalmente tutto questo, ma c‘è anche un altro movimento plastico che avviene in un posto nascosto alla vista e che non sempre riserva delle belle sorprese. Esso è quel movimento deformante che le ceramiche possono subire durante la cottura, solitamente ad alta temperatura, e che modifica la forma ottenuta faticosamente e meticolosamente durante la modellazione. Quando la temperatura del forno si avvicina al punto di fusione dell’argilla e i fondenti che ne sono contenuti iniziano a fare il loro lavoro, le forze tensive nascoste nelle forme iniziano a tirare e spingere, a muoversi sinuosamente e subdolamente per poi bloccarsi quando la temperatura ridiscende. . A questo punto non si può più recuperare, la forma è fissata per sempre e ci ritroviamo le ciotole così ben precisamente progettate in forma tonda, ovalizzate, e le sculture con equilibri ben definiti, deformate in posizioni troppo poche volte piacevoli nella loro iniziativa. . Così non sempre la plasticità del corpo è anche eleganza, sovente è solo il porsi nuovamente la domanda: cosa è successo?

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Q - quando /quàn·do/ avverbio e congiunzione La parola “Quando” è legata al Tempo, indica un “dove” sulla linea temporale. Il tempo e la valutazione del quando fare o non fare un’azione sono fondamentali in ceramica. Il processo produttivo è una successione di fasi che si sviluppano nel tempo.

L’asciugatura di un pezzo deve cominciare lentamente, la cottura è una curva temporale di temperature che crescono o di ossigeno che entra o non entra nel forno. Ma anche la fase successiva, quando il prodotto è pronto sugli scaffali, è di nuovo una catena di “quando” fare delle cose.

Se la ceramica è il nostro lavoro una parte vitale del processo è la promozione e la vendita dei prodotti. E’ importante far conoscere il nostro lavoro in laboratorio, come si lavora, gli strumenti, i passaggi, magari senza svelare i segreti o i fallimenti, ma mostrare cosa succede dietro le quinte. Ci sono delle cose da fare e da dire prima che un prodotto sia pronto per essere pubblicizzato e altre quando si inizia a pubblicizzarlo. E poi, quando riusciamo a venderlo, comincia una ulteriore fase di comunicazioni con il cliente legate alla spedizione o alla sua soddisfazione. Il tempo è una variabile fondamentale, lo vedo come una strada da percorrere dove ci sono tanti incroci, bivi. Ad ogni incrocio si sceglie e non è quasi mai facile, da che parte andare, alcune strade ti portano via più tempo, altre ne fanno risparmiare, altre sono inevitabili.

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R - ripetere /ri·pè·te·re/ Verbo transitivo Ripetere vuol dire effettuare di nuovo un'azione, eseguire di nuovo. Il gesto ripetuto più e più volte insegna l’automatismo necessario alla ripetizione. Quando si ripete un gesto tante volte nello stesso identico modo, il nostro cervello impara a eseguirlo e man mano si utilizza sempre meno il pensiero per il controllo dell’azione. Più si ripete più si automatizza e, quindi, si lascia parte del nostro cervello libero di pensare ad altro. Lavorando al tornio su multipli simili di uno stesso oggetto si rimane molto concentrati e le mani si muovono in maniera quasi indipendente rispetto al pensiero. Ci vuole allenamento, ma è come andare in bicicletta, una volta raggiunta una certa pratica non la si scorda più.


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S - stile

/stì-le/ sostantivo maschile Quando penso alla parola stile mi viene subito in mente Audrey Hepburn, la sua eleganza inconfondibile è slegata dal suo abbigliamento o dalla sua acconciatura, ma è lei, proprio lei nella sua unicità. Pensando a lei capisco che lo stile è un’impronta che c’è o non c’è. Lo stile è quel modo di apparire e di essere che è immediatamente riconducibile all’autore. Lo stile distingue una mano da un’altra. . Nell’arte è così, e lo è anche nella ceramica. Per un autore, di qualsiasi “arte” si tratti, è importante cercare e trovare un proprio stile che faccia in modo che la propria opera sia distinguibile in mezzo a tante altre e riconducibile a chi l’ha realizzata. In rete questa identità visiva è sempre più importante e, più è definita, più l’autore è distinguibile e identificabile. Io ne sono sempre alla ricerca, in un lavoro continuo di selezione e decisioni: per me è molto importante definire sempre meglio la direzione in cui voglio andare.

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T - tirare /ti-rà-re/ verbo tansitivo Il verbo tirare si contrappone ad un altro verbo che è resistere. Se da una parte si tira dall’altra parte c’è qualcosa che resiste.

Nella lavorazione della ceramica questo concetto è ben chiaro. Quando si valuta quanto sottile si può “tirare” una lastra che opporrà una resistenza all’essere piegata e manipolata si deve avere conoscere in che modo l’argilla che stiamo usando si può comportare se sollecitata. Quale sia la reazione c’è sempre un punto oltre al quale non si può andare, un punto oltre il quale la resistenza al tirare e al trasformare produrrà irrimediabilmente un disastro. Anche noi siamo d’argilla. Sappiamo che possiamo tirare, trasformarci, resistere, modificarci ma sappiamo anche che oltre ad un certo punto ci potrebbero essere delle fratture. Mi sto riferendo ad un ambito fisico? Oppure ad un ambito molto più nascosto legato ai meccanismi della mente? . Forse entrambe, e sono sicura che ben si intenda come bisogna sempre fare attenzione a non tirare troppo..., come si dice? ... la corda?

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U - unità (di misura)

[u-ni-tà] s.f. inv. Ogni lavoro ha le propria unità di misura e anche nella ceramica se ne usano diverse. . Unità di misura relative alla formulazione degli smalti (grammi, litri, ecc...), alle curve del forno (temperature e secondi per gli intervalli di tempo) alle dimensioni degli oggetti (cm, mm, ecc...). Quelle che amo di più però sono unità di misura tutte mie, mi aiutano nel lavoro al tornio quando devo realizzare dei multipli. . Ho sviluppato un sistema di misura molto personale che è solo mio. Solo mio non nel senso dell’originalità, ma poiché è legato strettamente alla misura delle mie dita, della mia mano e da alcune posizioni delle dita rispetto alla mano. E così so che il mio dito indice può misurare esattamente l’altezza che mi serve per fare una tazza alta 10 cm. Conosco bene quella rughetta sul mio dito che ne indica la misura. So che la spanna della mia mano destra è esattamente 22.2 cm, mentre la massima apertura tra pollice e indice è 20 cm, e molte altre misure legate a pieghe delle falangi, attacchi delle unghie o addirittura piccole antiche cicatrici. . Così uso queste misure mentre lavoro per non dover prendere in continuazione righelli o compassi. D'altronde gli anglosassoni non ci misurano in pollici, piedi e così via?


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V - Valore [va-ló-re] s.m.

La parte più difficile del mio lavoro è quello di assegnare un valore al mio prodotto. Sì, proprio il valore in € che devo scrivere sotto l’oggetto quando lo pubblico. Il calcolo purtroppo non è facile e non è nemmeno matematico... mannaggia! E io che amo la matematica... In teoria per calcolare il prezzo, per esempio, di una ciotola si dovrebbe partire dalle materie prime utilizzate, aggiungere le risorse impegnate, l’usura del forno e delle attrezzature, sommare il valore del tempo impiegato. Ma non basta. Non c’è solo quel calcolo molto preciso, schematico e semplice e che già rende il valore e quindi il prezzo piuttosto importante. Bisogna ancora aggiungerne altri di pezzi, un po’ più astratti. Perché per un artigiano dare un valore al proprio prodotto è anche valutare il proprio, di valore. Un po’ come cercare di guardarsi da fuori e capire che valutazione danno gli altri a te e al tuo lavoro. Il mio maestro diceva che un gesto che ti permette, con semplicità, di realizzare al tornio una ciotola in pochi secondi è affinato da anni di rigidi allenamenti. Quei secondi in realtà contengono anni di lavoro. Sembra sempre facile fare una cosa se sei capace a farla... Poi nella ciotola devi mettere anche la ricerca, l’idea e il progetto, le scelte, i tentativi, lo studio... Ecco, a grandi linee è questo il valore aggiunto dell’artigianato da mettere nella ciotola. Acquistare un prodotto a un prezzo sicuramente più alto rispetto a un prodotto industriale ti permette di portare a casa un pezzo significativo di un’emozione umana, di una competenza e, anche e soprattutto, di un sogno, ma anche di continuare ad alimentarlo, questo sogno.


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Z - zzz /dzz/ onomatopea Eccoci qui all’ultima parola dell’anno, all’ultima lettera dell’alfabeto. Sì, lo so, tutti pensano che l’ultima parola del dizionario sia “zuzzurellone”, ma io molto diligentemente mi sono andata a documentare e ho trovato questa novità: non lo è più. . La parola con la Z capita proprio a fagiolo. Gli ultimi post dell’anno, l’ultima lettera dell’alfabeto, l’ultima parola del dizionario... cosa centra con la ceramica? Centra, centra... . Finisce l’anno, finisce il periodo più faticoso, finiscono le corse per caricare l’ultimo forno, l’ansia che tutto vada per il verso giusto, la corsa per l’ultima spedizione, correre a testa in giù... perché anche se si dice: “Nossignore, non riesco a finirlo per quella data, lo avrà per dopo Natale!” poi alla fine proprio non ce la faccio e prendo la rincorsa, trattengo il fiato e cerco di far andare il tempo all’indietro pur di consegnare prima di quello che avevo promesso. . So che non è giusto, ma è più forte di me. Pensare che avevo anche letto un libro che si intitola “A dire di no si impara.”... Ma ora che l’ultimo pacco è partito, penso alla Z e alla nuova parola che ora so essere l’ultima: zzz. . Il dizionario dice che Zzz è un suono onomatopeico del leggero russare, di un congegno elettronico o il ronzare di insetti. Bhè, io è quello che mi sento ora nella testa, troppo piena o troppo vuota, ma che necessita comunque di concentrarsi su altro, su altre velocità. . Zzz zzz zzz anche la fame costante di sonno che con l’età aumenta (ma non doveva diminuire?) si lega benissimo con questa parola, con l’organizzare la giornata. Così, mentre penso alla lettera Z sistemo gli scaffali, faccio l’inventario, chiudo i conti, tiro righe sugli obiettivi raggiunti, cancello la lavagna e trascorro gli ultimi giorni della settimana in laboratorio prima della chiusura natalizia.


Z - lettera in ceramica - la trovi qui



 

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